Incendio Cinema Statuto
Lasciamo al collega ed amico Enzo Ariu, Funzionario del Comando di Torino, il compito di illustrarci il tragico evento e l'opera di soccorso svolta dai Vigili del Fuoco.
“Il 13 Febbraio 2008 saranno trascorsi esattamente venticinque anni da quando, in una giornata invernale accompagnata da una fitta nevicata, in un cinema di Torino, occorse un tragico incendio destinato a cambiare il destino e la vita per molte persone. A quelle povere vittime desidero dedicare la mia riflessione su quel avvenimento, che nonostante siano trascorsi venticinque anni, puntualmente riaffiora incontrando coloro che mi furono compagni in quella tragica giornata. Quei luoghi non esistono più, le esigenze del progresso hanno prevalso, stendendovi sopra un discutibile ed anonimo velo. Per quelli come me, transitare in via Cibrario evoca ancora oggi sensazioni mai sopite: odore di bruciato, cappa di fumo stagnante per la bassa pressione, i nostri rossi automezzi piazzati a ridosso dell’entrata del Cinema Statuto, i loro motori a regime per spingere con forza l’acqua nelle condotte. |
Ordini precisi e perentori urlati dai Capo Squadra ai propri uomini, sciabolare intermittente di luci blu tutt’intorno e Vigili del Fuoco, in silenzio, operanti con grinta, mentre tutt’attorno la neve cade e, bagnandoti il volto, rende più complesso l’operare. Voci concitate di chi si è messo in salvo, di soccorritori: io che arrivo alla guida della nuova, fiammante autobotte, deviato sull’intervento, via radio, dalla sala operativa provinciale. Il Capo Squadra Andrea mi ordina di portarmi dal lato di Via Le Chiuse, è con me solo un ausiliario di leva. Mi viene inviato in aiuto il mio amico Silvano, in sua compagnia so che potrei affrontare il mondo intero, vedo impegnati Michele, Angelo, Livio, ci scambiamo uno sguardo reciproco d’intesa che vale anche per augurio di buon lavoro. Posiziono l’autobotte nella via e con Silvano, percorrendo il passo carraio, ci portiamo nel cortile dove, da una porta e da una finestra che vi si affacciano, lunghe lingue di fuoco stanno terminando di distruggere ciò che rimane degli infissi in legno. |
Stendiamo le manichette ed io, via radio, chiedo l’invio sul posto di un’altra squadra di rinforzo.
Attacchiamo l’incendio e, attraverso la porta ormai distrutta, scorgiamo il corridoio laterale della platea completamente infuocato. Due persone ci raggiungono e si qualificano quali responsabili del cinema, sono il proprietario e l’operatore, si preoccupano della centrale termica sottostante il punto da cui stiamo operando nell’estinzione, la disattiviamo. Arriva la squadra “23”, quella dei Capi Squadra Beppe ed Eraldo, che vengono a darci manforte; realizziamo che proprio sopra le nostre teste si affacciano le porte di sicurezza della galleria, sfocianti in ampi terrazzi. Corriamo, inerpicandoci per una scala tortuosa, fino a raggiungere le prime due porte della galleria; Beppe col picozzino spalanca una prima porta, Silvano rompe con i pugni il riquadro in masonite di una seconda porta, spalancandola a sua volta, veniamo investiti dal densissimo fumo e dall’intenso calore che saturano il locale. Il calore ed il fumo sono insopportabili; quando iniziano a defluire, viene recuperata una ragazza molto giovane che giace a ridosso della seconda porta di sicurezza; per Lei non c’è più niente da fare. |
Alcuni di noi, dotati di autorespiratori, si addentrano, in mezzo al denso fumo, all’interno della galleria inciampando tra i corpi delle persone che giacciono tra le file delle poltroncine e disseminati lungo il percorso d’esodo; alcuni di loro sono ancora seduti ai propri posti.
Apprendiamo che anche dal lato di Via Cibrario, sono stati recuperati altri corpi; le comunicazioni si accavallano ed il numero delle vittime aumenta vertiginosamente, realizziamo che in quel locale si è consumata una strage. Le operazioni di recupero dei corpi si protrarranno per ore, durante tutta la notte, alla fine si conteranno sessantaquattro persone, molte sono giovani coppie, tra queste, lo apprenderò solo l’indomani mattina, figureranno anche un mio amico, Sergio Ganovelli (un giovane promettente ed appassionato fotografo con cui avevo realizzato una mostra fotografica) e la sua ragazza, alcuni nuclei familiari e diversi bambini. |
La città intera è scossa dall’enorme tragedia; i giornalisti attraverso i mezzi di comunicazione diffondono la notizia in modo impreciso ed approssimato forse perché a loro volta coinvolti dall’onda emotiva.
Alcuni di loro scrivono che non avevamo gli autoprotettori, che non potevamo aver capito la dimensione della tragedia perché eravamo troppo calmi; nascono tensioni ed incomprensioni tra la cittadinanza e noi, tanto da determinare due fazioni: quella di chi colpevolizza e quella di chi condivide il nostro lavoro.
L’amarezza ci accomuna tutti, coloro che hanno partecipato direttamente e non.
Alcuni di loro scrivono che non avevamo gli autoprotettori, che non potevamo aver capito la dimensione della tragedia perché eravamo troppo calmi; nascono tensioni ed incomprensioni tra la cittadinanza e noi, tanto da determinare due fazioni: quella di chi colpevolizza e quella di chi condivide il nostro lavoro.
L’amarezza ci accomuna tutti, coloro che hanno partecipato direttamente e non.
Giorni dopo, ai funerali delle vittime, celebrati in forma solenne nel Duomo di Torino, saremo presenti in tanti, con una delegazione all’interno della Cattedrale ed una folta rappresentanza schierata sullo scalone, all’esterno, per rendere omaggio a quelle tante, troppe vittime innocenti.
Al termine della cerimonia funebre, ci accoderemo al lungo corteo diretto al Cimitero Generale di Torino, percorrendo Via XX Settembre fino alla vecchia Caserma Centrale tra due ali di folla. Lungo il pur breve percorso coglieremo commenti solidali, altri di condanna, altri ancora di invettive, per tutti noi certamente fuori luogo. L’amarezza è tanta, accusiamo un senso di forte frustrazione per l’incrinatura apertasi nel rapporto di fiducia tra noi e la Comunità Torinese, che fino allora ci aveva sempre tributato sentimenti di simpatia, se non di aperta ed incondizionata solidarietà e comprensione, quando, in diverse occasioni, il nostro lavoro aveva riscosso il loro plauso. |
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Il senso d’amarezza e di frustrazione ci accompagneranno per parecchio tempo, molti di noi si impegnarono individualmente per approfondire le dinamiche determinanti quell’enorme tragedia.
La Magistratura dette seguito alle indagini, molti di noi furono sentiti dai Giudici Istruttori Francesco Marzachì e Giancarlo Caselli, in diverse convocazioni o nel corso dei sopralluoghi all’interno del locale.
Con alcuni colleghi entrai in contatto con alcuni medici, i quali ci approfondirono la conoscenza delle dinamiche fisico-chimiche che concorsero a determinare quel funesto esito.
Esso era principalmente imputabile alle esalazioni prodotte dalla combustione di materiali d’imbottitura delle poltroncine, costituite da schiume poliuretaniche espanse, e dalla “moquette” d’arredo, diffusamente presente su pareti, pavimenti e solai.
Queste, bruciando, avevano prodotto anidridi di vario genere, che a contatto con le mucose delle vie respiratorie si erano tramutate in acidi, portando in brevissimo tempo ed inesorabilmente, tutte le persone coinvolte nell’incendio, ad una rapida morte per enfisema polmonare fulminante.
Seguirono massicci interventi di controllo in tutti i locali di pubblico spettacolo ordinati dalla Magistratura, molti furono costretti a chiudere temporaneamente, altri non riaprirono mai più.
La Città, sgomenta, continuò a lungo ad interrogarsi sui perché della tragedia; a Torino il modo di vivere la cultura ed il tempo libero, cambiarono radicalmente.
Quella tragedia determinò un diverso approccio alle tematiche della sicurezza sia negli addetti ai lavori sia nei comuni cittadini; diffuse ricadute vi furono anche in altre parti d’Italia.
Noi, Vigili del Fuoco, a Torino ci attivammo per dare il nostro contributo. Di nostra iniziativa, coinvolgendo i Comandanti che si susseguirono e le nostre Organizzazioni Sindacali, durante il tempo libero, iniziammo a proporci ai Presidi delle Scuole Medie ed ai Direttori Didattici delle Elementari.
Intensificammo la nostra opera di sensibilizzazione delle scolaresche alla cultura della sicurezza, già iniziata anni prima, convinti che il prevenire fosse meglio dell’intervenire.”
La Magistratura dette seguito alle indagini, molti di noi furono sentiti dai Giudici Istruttori Francesco Marzachì e Giancarlo Caselli, in diverse convocazioni o nel corso dei sopralluoghi all’interno del locale.
Con alcuni colleghi entrai in contatto con alcuni medici, i quali ci approfondirono la conoscenza delle dinamiche fisico-chimiche che concorsero a determinare quel funesto esito.
Esso era principalmente imputabile alle esalazioni prodotte dalla combustione di materiali d’imbottitura delle poltroncine, costituite da schiume poliuretaniche espanse, e dalla “moquette” d’arredo, diffusamente presente su pareti, pavimenti e solai.
Queste, bruciando, avevano prodotto anidridi di vario genere, che a contatto con le mucose delle vie respiratorie si erano tramutate in acidi, portando in brevissimo tempo ed inesorabilmente, tutte le persone coinvolte nell’incendio, ad una rapida morte per enfisema polmonare fulminante.
Seguirono massicci interventi di controllo in tutti i locali di pubblico spettacolo ordinati dalla Magistratura, molti furono costretti a chiudere temporaneamente, altri non riaprirono mai più.
La Città, sgomenta, continuò a lungo ad interrogarsi sui perché della tragedia; a Torino il modo di vivere la cultura ed il tempo libero, cambiarono radicalmente.
Quella tragedia determinò un diverso approccio alle tematiche della sicurezza sia negli addetti ai lavori sia nei comuni cittadini; diffuse ricadute vi furono anche in altre parti d’Italia.
Noi, Vigili del Fuoco, a Torino ci attivammo per dare il nostro contributo. Di nostra iniziativa, coinvolgendo i Comandanti che si susseguirono e le nostre Organizzazioni Sindacali, durante il tempo libero, iniziammo a proporci ai Presidi delle Scuole Medie ed ai Direttori Didattici delle Elementari.
Intensificammo la nostra opera di sensibilizzazione delle scolaresche alla cultura della sicurezza, già iniziata anni prima, convinti che il prevenire fosse meglio dell’intervenire.”
Trailer di SALE PER LA CAPRA
Un film di Fabrizio Dividi, Marta Evangelisti, Vincenzo Greco. Con Lorenzo Ventavoli, Diego Novelli, Bruno Geraci, Gian Carlo Caselli.
Un percorso preciso, serrato, a volte drammatico, sempre realistico, che vuole raccontare, probabilmente per la prima volta in maniera esaustiva e oggettiva, ciò che accadde in quel "maledetto" pomeriggio, attraverso le testimonianze di chi c'era, di chi ha visto, di chi ha perso qualcuno, di chi, dopo allora, "non è più lo stesso". Un racconto per immagini, dove ai documenti fotografici, ai giornali e ai filmati dell'epoca si sommano i racconti e le emozioni, testimonianze inedite e racconti personali. |
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