Erano gli anni sessanta
Negli anni ‘60 – ’70, l’ingresso nel Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco, poteva avvenire attraverso un Concorso ad Esami al quale poteva partecipare qualsiasi cittadino italiano che disponesse dei requisiti richiesti.
L'ammissione ai corsi “Allievi Vigili Permanenti” delle Scuole Centrali Antincendi veniva effettuata mediante pubblico concorso per esame.
Il concorso era bandito con decreto del Ministro per l'interno e venivano ripartiti in diverse specialità di mestiere occorrenti alle necessità del Corpo.
I concorrenti, oltre a dover comprovare “l'esercizio di uno dei mestieri indicati nel bando di concorso” e l’immacolatezza della fedina penale, venivano sottoposti, da parte della Pubblica Sicurezza, ad una verifica per accertarne i requisiti di moralità e rettitudine con indagini presso vicini di casa e conoscenti.
…Omissis…
3) buona condotta e reputazione, nonchè appartenenza a famiglia avente gli stessi requisiti.
Questi occorrono, quando il candidato sia coniugato, anche per la moglie e per la sua famiglia;
4) statura non inferiore a metri 1,65 e non superiore a metri 1,80;
5) incondizionata idoneità psicofisica anche in relazione ai precedenti del candidato, dei suoi ascendenti e dei suoi prossimi collaterali: per accertarla i concorrenti prima della prova scritta, vengono sottoposti al giudizio di una Commissione medica presieduta dall'ispettore sanitario dei servizi antincendi e formata da due medici nominati dal Ministro per l'interno, nonchè ad un esame psicotecnico inteso ad accertare la loro idoneità alle esigenze dei servizi antincendi;
6) licenza elementare;
7) l'esercizio di uno dei mestieri indicati nel bando di concorso, da comprovarsi con appositi certificati.
L'ammissione ai corsi “Allievi Vigili Permanenti” delle Scuole Centrali Antincendi veniva effettuata mediante pubblico concorso per esame.
Il concorso era bandito con decreto del Ministro per l'interno e venivano ripartiti in diverse specialità di mestiere occorrenti alle necessità del Corpo.
I concorrenti, oltre a dover comprovare “l'esercizio di uno dei mestieri indicati nel bando di concorso” e l’immacolatezza della fedina penale, venivano sottoposti, da parte della Pubblica Sicurezza, ad una verifica per accertarne i requisiti di moralità e rettitudine con indagini presso vicini di casa e conoscenti.
…Omissis…
3) buona condotta e reputazione, nonchè appartenenza a famiglia avente gli stessi requisiti.
Questi occorrono, quando il candidato sia coniugato, anche per la moglie e per la sua famiglia;
4) statura non inferiore a metri 1,65 e non superiore a metri 1,80;
5) incondizionata idoneità psicofisica anche in relazione ai precedenti del candidato, dei suoi ascendenti e dei suoi prossimi collaterali: per accertarla i concorrenti prima della prova scritta, vengono sottoposti al giudizio di una Commissione medica presieduta dall'ispettore sanitario dei servizi antincendi e formata da due medici nominati dal Ministro per l'interno, nonchè ad un esame psicotecnico inteso ad accertare la loro idoneità alle esigenze dei servizi antincendi;
6) licenza elementare;
7) l'esercizio di uno dei mestieri indicati nel bando di concorso, da comprovarsi con appositi certificati.
l programma d’esame, oltre alla visita medica, prevedeva in una prova scritta, concernente lo svolgimento di un tema narrativo, una prova pratica, concernente lo svolgimento di un saggio di mestiere o esperimento pratico a seconda della specialità di mestiere per la quale il candidato concorre, una prova orale di aritmetica, geometria e le quattro operazioni, nonché conoscenza di nozioni sulle figure piane e sui solidi geometrici. |
L'accertamento che assumeva valore discriminante rimaneva comunque la “Prova Ginnico-Sportiva”, concernente l'esecuzione di esercizi dai quali desumere l'attitudine ginnica dei candidati, che veniva svolta sotto il severo sguardo del Prof. Enrico Massocco.
Ancora oggi, gli “anziani” amano distinguersi, tra coloro che sono “passati sotto Massocco e quelli …dopo”. |
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Gli A.V.V.A.
Una precedente Legge, n. 913 del 13 ottobre del 1950, aveva disposto, inoltre, che il Corpo era autorizzato a reclutare ogni anno vigili volontari ausiliari fra coloro che erano tenuti a rispondere alla chiamata alle armi per obbligo di leva, a domanda degli interessati e con nulla osta da parte delle competenti autorità militari.
Gli AVVA (Allievi Vigili Volontari Ausiliari), dopo un corso di addestramento di 4 mesi presso le Scuole Centrali Antincendi, assumevano servizio presso i Corpi provinciali. |
Terminato il periodo di leva della durata di 18 mesi, ridotti poi a 16, i Vigili Volontari Ausiliari potevano chiedere di essere assunti in qualità di Vigili Temporanei.
Con tale qualifica e senza certezza del rinnovo che avveniva semestralmente, i Vigili Temporanei prestavano servizio continuativo nel Corpo svolgendo le stesse mansioni del personale permanente.
Il passaggio nel ruolo dei “permanenti”, oltre alla partecipazione ad un Concorso Pubblico ad Esami, poteva avvenire tramite un Concorso a Titoli ( che in gergo veniva definito "a pala") sperando sempre che l’esperienza operativa maturata, venisse riconosciuta sufficientemente adeguata per entrare a pieno titolo nel Corpo Nazionale.
Gli altri “Titoli” che concorrevano alla valutazione complessiva dei candidati erano: il periodo trascorso come vigile temporaneo, l'età, l’essere sposati o meno ed eventuali elogi ricevuti nell'attività di servizio.
Con tale qualifica e senza certezza del rinnovo che avveniva semestralmente, i Vigili Temporanei prestavano servizio continuativo nel Corpo svolgendo le stesse mansioni del personale permanente.
Il passaggio nel ruolo dei “permanenti”, oltre alla partecipazione ad un Concorso Pubblico ad Esami, poteva avvenire tramite un Concorso a Titoli ( che in gergo veniva definito "a pala") sperando sempre che l’esperienza operativa maturata, venisse riconosciuta sufficientemente adeguata per entrare a pieno titolo nel Corpo Nazionale.
Gli altri “Titoli” che concorrevano alla valutazione complessiva dei candidati erano: il periodo trascorso come vigile temporaneo, l'età, l’essere sposati o meno ed eventuali elogi ricevuti nell'attività di servizio.
La vita privata
Il controllo sulla vita “privata” del personale non terminava con la verifica dei requisiti, al momento del loro “accesso” nel ruolo permanente, ma continuava anche dopo, infatti chi desiderava “contrarre matrimonio” doveva presentare domanda all'amministrazione, la quale disponeva accertamenti sulla moralità della promessa sposa, l’ammontare della sua dote e sui di lei "germani".
Art. 57. I sottufficiali, vigili scelti e vigili permanenti non possono contrarre matrimonio senza l'autorizzazione del Ministero.
Tale autorizzazione, che è subordinata ai requisiti di moralità e buona reputazione della sposa e della famiglia di lei, sarà rilasciata entro sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda, scaduti i quali l'interessato è informato dello stato della pratica.
Solo al termine di questi accertamenti il Ministero dava il consenso alle nozze, oppure lo negava.
Art. 57. I sottufficiali, vigili scelti e vigili permanenti non possono contrarre matrimonio senza l'autorizzazione del Ministero.
Tale autorizzazione, che è subordinata ai requisiti di moralità e buona reputazione della sposa e della famiglia di lei, sarà rilasciata entro sessanta giorni dalla data di presentazione della domanda, scaduti i quali l'interessato è informato dello stato della pratica.
Solo al termine di questi accertamenti il Ministero dava il consenso alle nozze, oppure lo negava.
L'orario di servizio
Il personale in servizio era suddiviso in due sezioni, prima e seconda ed ognuna svolgeva un orario di lavoro che iniziava alle 8,00 e terminava alle 8,00 del giorno seguente, 24 ore di servizio continuativo, intervallato da 24 ore di riposo ,
A Torino, il turno, anziché iniziare alle 8,00, come in tutto il resto d’Italia, iniziava alle 7,50 e questo per consentire ai numerosi Vigili provenienti dalla Vale Susa (valsusini o valsegusini) di arrivare in tempo alla stazione ferroviaria (le autovetture private erano privilegio di pochi allora) e prendere il treno senza aspettare ore.
Lo stipendio, per un Vigile di prima nomina, era inferiore a 70mila lire mensili e rappresentavano poco più della metà di quanto percepiva in fabbrica un operaio qualificato di seconda categoria (si noti, non specializzato, prima categoria) e che lavorava per "solo" 48 ore settimanali contro le 90 – 96 ore settimanali che erano costretti a prestare i Vigili del Fuoco.
A Torino, il turno, anziché iniziare alle 8,00, come in tutto il resto d’Italia, iniziava alle 7,50 e questo per consentire ai numerosi Vigili provenienti dalla Vale Susa (valsusini o valsegusini) di arrivare in tempo alla stazione ferroviaria (le autovetture private erano privilegio di pochi allora) e prendere il treno senza aspettare ore.
Lo stipendio, per un Vigile di prima nomina, era inferiore a 70mila lire mensili e rappresentavano poco più della metà di quanto percepiva in fabbrica un operaio qualificato di seconda categoria (si noti, non specializzato, prima categoria) e che lavorava per "solo" 48 ore settimanali contro le 90 – 96 ore settimanali che erano costretti a prestare i Vigili del Fuoco.
Vita di Caserma
La giornata lavorativa si articolava così: al mattino si iniziava con due ore, circa, di addestramento professionale, solitamente al castello di manovra, seguiva la distribuzione lavori a cura del capoturno ed ognuno raggiungeva il proprio posto di lavoro, officina meccanica, carrozzeria, magazzino, laboratorio autoprotettori, ufficio personale, ecc...
Il servizio mensa era gestito dai pompieri, in base alle disponibilità economiche dettate dalle presenze giornaliere, si concordava con i cucinieri il da farsi e questi provvedevano al confezionamento dei pasti.
Ai Vigili Temporanei spettava altresì il compito di "coadiuvare" il personale addetto alla cucina nel lavaggio dei piatti, padelle e pentoloni. La scarsità dei risorse economiche suggeriva a volte la necessità (es. la domenica per acquistare gli agnolotti) di integrare la quota mensa con un piccolo esborso individuale da parte di ogni commensale (cento lire). I sottufficiali, CS, VCR e CR, disponevano di una loro sala mensa ma non la utilizzavano, nella sala mensa collettiva, solo il Maresciallo Capo Sezione si riservava il diritto di occupare il tavolo più prossimo alla cucina, motivo per cui veniva servito per primo. |
Al pomeriggio nuovo momento di addestramento professionale e poi proseguimento lavori.
Verso le 18,00 i capi settore si recavano dal capo turno per dichiarare “svolta” l'attività lavorativa che veniva verbalizzata su apposito registro. Il sabato pomeriggio era dedicato alla pulizia personale, periodicamente si cambiavano le lenzuola, fornite dal magazzino, si sbattevano le coperte del letto ecc. Con i turni di 24 ore, il dopocena era libero: chi voleva si dedicava al gioco delle carte sui tavoli della sala mensa, altri al bigliardo, altri ancora seguivano i programmi televisivi nella sala dei cimeli storici. Durante le afose notti estive, il personale di turno si riuniva nel secondo cortile (quello del castello di manovra) e, seduti in cerchio attorno ad una lancia idrica che generava un getto circolare a pioggia che rinfrescava i cubetti di porfido del cortile, facevano trascorrere le ore di attesa, tra un intervento e l’altro, essendo le camerate dei veri forni. Gli “anziani” tenevano banco con racconti di vita vissuta, passati interventi, calamità, episodi di guerra ma anche episodi divertenti che aiutavano anche i “gjuu” a sentirsi parte di un'unica famiglia. Se i colleghi “Temporanei” dovevano sostenere un concorso per entrare in ruolo, il Capo Sezione designava un vigile, ritenuto idoneo “alla bisogna”, ad insegnare loro le materie d’esame. Per tale compito, che si svolgeva di sera e sovente nel corso della notte nella Sala Mensa Sottufficiali, si ragionava su frazioni proprie, improprie, apparenti, radici quadrate, aree e volumi, ripassi di grammatica, pressioni e portate e Il sistema funzionò e tutti i concorrenti vinsero il concorso. La caratteristica della vecchia sede, molto meno estesa come superficie di quella attuale, in cui si dormiva tutti assieme e la sera la si trascorreva assieme a dialogare, contribuivano senz’altro a rafforzare il clima di grande legame e solidarietà tra il personale e gli stessi “Ufficiali”. |
Dopo il riposo notturno in branda, sulla quale il personale si adagiava vestito, con eccezione dei pantaloni le cui gambe erano infilate negli stivali per una pronta vestizione, la sveglia era alle 6,30.
Dopo un veloce caffè allo Spaccio vi era il ritrovo in cortile per la ginnastica a corpo libero, solitamente guidata da un Pompiere che aveva fatto parte della squadra di ginnastica artistica del Comando. Successivamente, fino al cambio del turno delle ore 8,00, il personale veniva impiegato per la pulizia delle camerate e dei cortili.
I detergenti erano segatura, che si trovava in un deposito in cantina ed acqua.
Dopo un veloce caffè allo Spaccio vi era il ritrovo in cortile per la ginnastica a corpo libero, solitamente guidata da un Pompiere che aveva fatto parte della squadra di ginnastica artistica del Comando. Successivamente, fino al cambio del turno delle ore 8,00, il personale veniva impiegato per la pulizia delle camerate e dei cortili.
I detergenti erano segatura, che si trovava in un deposito in cantina ed acqua.
La Caserma
Pochi erano i Vigili che disponevano di una propria autovettura privata, il magro stipendio non lo consentiva e così l'autorimessa di via Fiocchetto, sotto la sala mensa e che poteva contenere fino a 20 autovetture, era sufficiente ad ospitarle tutte. Essendovi un'unica autorimessa, alle 7,00 e prima che arrivassero i colleghi del turno montante, occorreva liberare il posto macchina cercando un parcheggio nelle vie laterali. L’accesso all’autorimessa, che non poteva essere aperta dall’esterno, avveniva calandosi all’interno della griglia posta di fronte alla Sala Mensa accedendo così, con un pezzo instabile di una scala a ganci, nel locale seminterrato. |
Nella vecchia sede di Porta Palazzo le “Camerette” erano riservate ai soli Capi Sezione e Capi Autorimessa, tutto il restante personale, Vigili, Capi Squadra, V.Capi Reparto e Capi Reparto, coabitavano senza distinzione di età e grado in enormi camerate, a forma di "L", dove tramezzi in legno separavano file di dieci letti. I termosifoni erano a vapore, freddi se spenti o a 100 gradi se veniva accesa la caldaia. |
Le docce erano solo due e si trovavano nei locali dei gabinetti, inizialmente dotate di boiler elettrici, consentivano solo a 2 - 3 persone al massimo di potersi lavare… poi l'acqua diventava fredda. In una fase successiva i boiler elettrici vennero sostituiti da due boiler ad accumulo di acqua a gas…”un piccolo passo per l’uomo... un grande passo per i pompieri”. |
Il meritato "turno" di riposo
Nelle 24 ore di "riposo" si veniva comandati ad effettuare servizi di vigilanza teatrale pagati, 120 lire ora circa.
Il tempo occorrente per raggiungere il luogo in cui avveniva il servizio di vigilanza, con i mezzi pubblici per coloro che non disponevano di un auto propria ed tempo necessario per il rientro in sede… non erano logicamente retribuito.
Prima del 1960, i servizi di vigilanza riguardavano anche ispezioni presso le sale cinematografiche, in relazione alla elevata pericolosità delle pellicole in celluloide in uso.
Notevole differenza esisteva tra i vigili sposati e gli scapoli, i primi percepivano una indennità di alloggio mensile, modesta a dire il vero mentre i secondi non solo non la percepivano ma, due volte al mese dovevano, pur essendo di turno libero, “pernottare” in caserma come personale di riserva in caso di necessità.
Il tempo occorrente per raggiungere il luogo in cui avveniva il servizio di vigilanza, con i mezzi pubblici per coloro che non disponevano di un auto propria ed tempo necessario per il rientro in sede… non erano logicamente retribuito.
Prima del 1960, i servizi di vigilanza riguardavano anche ispezioni presso le sale cinematografiche, in relazione alla elevata pericolosità delle pellicole in celluloide in uso.
Notevole differenza esisteva tra i vigili sposati e gli scapoli, i primi percepivano una indennità di alloggio mensile, modesta a dire il vero mentre i secondi non solo non la percepivano ma, due volte al mese dovevano, pur essendo di turno libero, “pernottare” in caserma come personale di riserva in caso di necessità.
Le risorse
La Caserma Centrale di Torino, negli anni ’60, disponeva di: nr. 3 squadre formate da 8 Vigili (1 Capo, 1 autista e 6 Vigili), denominate "grosse",
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Vestivamo alla...cacciatora
Ogni vigile veniva dotato di tre divise, invernali ed estive, il cambio fra l'una e l'altra era stabilito da O.d.G. e, indipendentemente dalla temperatura del momento, era obbligatorio rispettare la data prevista per il cambio.
Le divise invernali erano costituite da giacca-pantaloni in panno verde pressato, e dotate di bustina copricapo.
Una camicia grigioverde ed un maglione di lana verde completavano la divisa invernale.
L'amministrazione provvedeva anche a fornire biancheria intima: improbabili mutande di tela bianca e mutandoni di lana invernali che garantivano un prurito insopportabile, nel corredo vi erano le calze, estive ed invernali ed anch’esse, sovente, sembravano tessute con le ortiche.
Inizialmente ai vigili furono forniti stivali alti fino a metà polpaccio, successivamente sostituiti da stivaletti più corti (tronchetti) che davano una discreta protezione ai piedi ma avevano la suola di cuoio liscio che non garantiva alcuna tenuta allo scivolamento.
Per ovviare a tele inconveniente, che poteva risultare letale in caso di interventi sui tetti innevati o ghiacciati, il personale si faceva applicare, privatamente e a proprie spese, la suola in Vibram.
Nonostante la scarsa tenuta all’acqua dei tronchetti, non era prevista l'assegnazione di stivali di gomma personali e ,solo in caso di particolari necessità quali “alluvioni” o ricerca persona in acqua, si poteva richiedere al magazzino distribuzione gli stivali "tutta coscia" che dovevano essere riconsegnati al termine dell’intervento
Il vestiario invernale era totalmente inadatto per proteggersi dal freddo e costringeva i Vigili ad acquistare a Porta Palazzo, nei negozi di "militaria", eskimo e giacconi da cacciatore, grigioverdi, ma imbottiti all'interno Alcuni graduati ed autisti, gli “anziani” usavano giacconi neri di pelle, tipo tramviere anni ’60,
Per i servizi teatrali era invece prevista una divisa in saglia, lana pettinata, da “libera uscita” che comprendeva giacca, pantaloni, camicia, cravatta e cappello con visiera adornato dal fregio con fiamma del Corpo; le scarpe erano nere basse ed il tutto completato da cappotto e soprabito.
Periodicamente il magazzino provvedeva a fornire al personale generi per l'igiene personale, lucido da scarpe nero e sapone.
La divisa estiva comprendeva giacca e pantaloni di tela, camicia e cravatta e bustina copricapo.
In caso di pioggia, ogni vigile era dotato di un cappello nord-ovest, quello utilizzato dai marinai, in ruvida tela impermeabilizzata che accompagnava un "gaban", giaccone a tre quarti dello stesso colore e tessuto che, però, bagnandosi, diventava rigido.
Le divise invernali erano costituite da giacca-pantaloni in panno verde pressato, e dotate di bustina copricapo.
Una camicia grigioverde ed un maglione di lana verde completavano la divisa invernale.
L'amministrazione provvedeva anche a fornire biancheria intima: improbabili mutande di tela bianca e mutandoni di lana invernali che garantivano un prurito insopportabile, nel corredo vi erano le calze, estive ed invernali ed anch’esse, sovente, sembravano tessute con le ortiche.
Inizialmente ai vigili furono forniti stivali alti fino a metà polpaccio, successivamente sostituiti da stivaletti più corti (tronchetti) che davano una discreta protezione ai piedi ma avevano la suola di cuoio liscio che non garantiva alcuna tenuta allo scivolamento.
Per ovviare a tele inconveniente, che poteva risultare letale in caso di interventi sui tetti innevati o ghiacciati, il personale si faceva applicare, privatamente e a proprie spese, la suola in Vibram.
Nonostante la scarsa tenuta all’acqua dei tronchetti, non era prevista l'assegnazione di stivali di gomma personali e ,solo in caso di particolari necessità quali “alluvioni” o ricerca persona in acqua, si poteva richiedere al magazzino distribuzione gli stivali "tutta coscia" che dovevano essere riconsegnati al termine dell’intervento
Il vestiario invernale era totalmente inadatto per proteggersi dal freddo e costringeva i Vigili ad acquistare a Porta Palazzo, nei negozi di "militaria", eskimo e giacconi da cacciatore, grigioverdi, ma imbottiti all'interno Alcuni graduati ed autisti, gli “anziani” usavano giacconi neri di pelle, tipo tramviere anni ’60,
Per i servizi teatrali era invece prevista una divisa in saglia, lana pettinata, da “libera uscita” che comprendeva giacca, pantaloni, camicia, cravatta e cappello con visiera adornato dal fregio con fiamma del Corpo; le scarpe erano nere basse ed il tutto completato da cappotto e soprabito.
Periodicamente il magazzino provvedeva a fornire al personale generi per l'igiene personale, lucido da scarpe nero e sapone.
La divisa estiva comprendeva giacca e pantaloni di tela, camicia e cravatta e bustina copricapo.
In caso di pioggia, ogni vigile era dotato di un cappello nord-ovest, quello utilizzato dai marinai, in ruvida tela impermeabilizzata che accompagnava un "gaban", giaccone a tre quarti dello stesso colore e tessuto che, però, bagnandosi, diventava rigido.
Quelli che oggi chiamiamo...D.P.I.
Ad ogni vigile veniva assegnata una maschera antigas dotata di filtro "VF polivalente" contenuta in un sacchetto di tela.
La maschera, verosimilmente risalente al periodo bellico, disponeva inizialmente di occhialini rotondi, che subito si appannavano, sostituita poi da un tipo con una maggiore apertura visiva. Nulla ci veniva detto circa i limiti di impiego di questi filtri che tra l'altro non recavano al loro esterno alcuna indicazione circa gli inquinanti capaci di trattenere nè sulla durata degli stessi. La sostituzione di queste cartucce filtranti era a discrezione dei capi magazzinieri, se agitandola si sentiva ancora muovere all' interno dei granuli, probabilmente di calce sodata, ti liquidavano dicendo che andava ancora bene. L'estrema difficoltà ad utilizzare cartucce filtranti a volte ormai quasi completamente intasate, induceva molte volte i vigili a non utilizzarle. |
L'alternativa erano gli autoprotettori Drager ad ossigeno, con bombola di O2 da un litro, maschera che subito si appannava, mancanza di un sistema di raffreddamento nel riciclo dell'aria che causava il progressivo surriscaldamento dell'aria inspirata e, forse per quel motivo, un forte mal di testa.
La tendenza di molti vecchi capi partenza di allora era di non permettere l'uso degli autorespiratori, frutto questo sicuramente di una vecchia mentalità che a fatica le nuove generazioni riuscirono poi nel tempo a rimuovere. Si consideri che in quegli anni veramente numerosi erano gli incendi cantina e caldaia, molte alimentate a nafta pesante o a carbone, alcune situate, nella vecchia Torino, negli infernotti, cioè al secondo piano interrato. Nessuna dotazione individuale di guanti era prevista. |
Gli "Specialisti"
L'unica specializzazione allora esistente era quella dei Sommozzatori. Ai Sommozzatori non venivano chieste particolari capacità natatorie, alcuni quasi non sapevano nuotare, ma capacità di lavoro subacqueo e coraggio. Nei primi anni dall'istituzione del servizio i Sommozzatori furono addestrati da Michele Ferraro, Medaglia d'oro al V.M. e la scuola era quella degli incursori della marina militare e dunque veniva loro insegnato a saldare sott'acqua o ad utilizzare esplosivi. I Sommozzatori svolgevano una duplice attività, quella di pompieri, inseriti nelle squadre di partenza e, all'occorrenza, venivano sottratti per rispondere alle chiamate per interventi in acqua. Purtroppo, in particolare nella stagione estiva, erano molte le ricerche annegato in fiumi, laghi o torrenti con punte di due, tre al giorno, dovute al fatto che a quei tempi le vacanze al mare erano ancora solo per i “ricchi” e le sponde degli specchi d'acqua erano la meta preferita dalle famiglie e unico modo per mettersi al riparo dal caldo torrido dell’estate torinese. (Foto del Museo Storico dei Vigili del fuoco di Milano)
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Il Sindacato
Fino agli anni ’90 solo due sindacati erano presenti al Comando di Torino, la CGIL e la CISL.
Furono anni di grandi lotte sindacali, non solo al nostro interno ma in tutto il mondo del lavoro.
Un periodo di grande partecipazione sindacale, di volontà di cambiamento, di lotte e di storici cortei per le vie di Torino e di Roma, a rivendicare diritti oggi ritenuti ovvi ma che costarono per ottenerli grandi sacrifici ed impegno.
La riduzione dell’orario di lavoro, la dotazione di idonei DPI, l’ammodernamento dei mezzi e delle attrezzature, queste e molte altre furono le rivendicazioni portate avanti dal sindacato e dal personale.
Furono anni di grandi lotte sindacali, non solo al nostro interno ma in tutto il mondo del lavoro.
Un periodo di grande partecipazione sindacale, di volontà di cambiamento, di lotte e di storici cortei per le vie di Torino e di Roma, a rivendicare diritti oggi ritenuti ovvi ma che costarono per ottenerli grandi sacrifici ed impegno.
La riduzione dell’orario di lavoro, la dotazione di idonei DPI, l’ammodernamento dei mezzi e delle attrezzature, queste e molte altre furono le rivendicazioni portate avanti dal sindacato e dal personale.
Quando le proteste di piazza imposero di svolgere incarichi di “prevenzione”, dalla parte opposta dei manifestanti ma mai di "repressione", i Vigili del Fuoco furono capaci di adempiere ai propri compiti con estrema moderazione, mai per ordine pubblico ma sempre e solo per svolgere il proprio ruolo istituzionale.
Tale atteggiamento fu svolto anche in occasione delle rivolte dei carcerati nella carceri Nuove di Torino. Chi rimase rinchiuso all'interno dalla parte dei carcerati rivoltosi, ottenne il rispetto di questi e non fu torto loro un capello. Quando poi, sedata la rivolta, i carcerati dovettero passare attraverso una doppia fila di questurini manganellanti, furono i pompieri a proteggerli, ricordando ai colleghi con un'altra divisa il dovere del rispetto della dignità dell'uomo. |
Storie belle, storie da raccontare, memoria da non perdere....
Testi: Alberto Merlo
Fotografie: Massimo Clarichetti, Museo Storico VVF Milano,
Fotografie: Massimo Clarichetti, Museo Storico VVF Milano,