I 100 anni del Maresciallo Riccardo Buono
L’Italia era in guerra da quasi tre anni quel 9 gennaio del 1943, giorno in cui Riccardo Buono aveva deciso di arruolarsi nei vigili del fuoco. Arrivato a Torino dall’Umbria, Buono faceva il garzone in una fabbrica di estintori, la Telum. Un colonnello dell’aviazione l’aveva portato all’allora comando di Porta Palazzo. «Vuoi fare il pompiere?», la domanda rivoltagli dal comandante. Buono, che aveva solo 19 anni, in quel momento prese la decisione che gli cambiò la vita e diventò vigile del fuoco. Qualche giorno fa, il 12 ottobre, Riccardo Buono ha compiuto cent’anni e ad oggi è il più anziano dei vigili del fuoco di Torino ancora in vita. A celebrarlo, ieri in Comune durante la festa per il bicentenario dei pompieri, sono stati il comandante provinciale Vincenzo Bennardo e il capo del Corpo nazionale Carlo Dall’Oppio.
«Quante vite ho salvato? Tante, ma ho visto anche tanti morti, purtroppo», racconta, con sorprendente lucidità a dispetto del secolo di vita. E tra i morti, Riccardo Buono mentre era in servizio ha visto anche sua madre e il suo fratellino. Era la notte tra il 12 e il 13 luglio 1943, la notte del bombardamento alleato su Torino che aveva provocato 800 vittime. «Mia madre aveva 36 anni, mio fratello appena 13. Ero in servizio a Venaria, ricordo ancora gli aerei alleati in formazione e poi i bagliori precedenti al bombardamento. Quando sono arrivato, in corso Regina dove abitava la mia famiglia, mia madre l’avevano appena tirata fuori dalle macerie. Era sotto un lenzuolo. E mio fratello era ancora vivo». Un giorno drammatico che il decano dei pompieri non può dimenticare, come ben impressi nella sua mente sono altri drammi avvenuti in Piemonte, che l’hanno visto protagonista. Come l’incendio del cotonificio Valle di Susa nel 1954 o l’alluvione di Torino nel 1957.
Qualche anno prima, il 4 maggio ‘49, il giovane Riccardo Buono stava andando sulla collina di Superga, dove si era appena schiantato l’aereo con a bordo l’intera squadra del Grande Torino. «Avevano chiamato al comando per segnalarci l’aereo caduto - racconta Buono - ed ero quasi arrivato al colle di Superga quando una telefonata ci aveva fermati perché non servivamo più in quanto c’erano già abbastanza forze». Pompiere quasi per caso, il signor Buono, classe 1924, primogenito di tre fratelli e originario di un piccolo paese tra Perugia e Assisi, Bastia Umbra. Da garzone a vigile del fuoco, pompiere per una vita intera al servizio del prossimo. Il fuoco l’ha sperimentato anche sulla propria pelle, subendo gravi danni a un occhio durante un incendio in via Po, per l’esplosione di uno spezzone incendiario. «Ma non ho mai avuto paura. Se devi salvare vite umane, non puoi averne».
Qualche anno prima, il 4 maggio ‘49, il giovane Riccardo Buono stava andando sulla collina di Superga, dove si era appena schiantato l’aereo con a bordo l’intera squadra del Grande Torino. «Avevano chiamato al comando per segnalarci l’aereo caduto - racconta Buono - ed ero quasi arrivato al colle di Superga quando una telefonata ci aveva fermati perché non servivamo più in quanto c’erano già abbastanza forze». Pompiere quasi per caso, il signor Buono, classe 1924, primogenito di tre fratelli e originario di un piccolo paese tra Perugia e Assisi, Bastia Umbra. Da garzone a vigile del fuoco, pompiere per una vita intera al servizio del prossimo. Il fuoco l’ha sperimentato anche sulla propria pelle, subendo gravi danni a un occhio durante un incendio in via Po, per l’esplosione di uno spezzone incendiario. «Ma non ho mai avuto paura. Se devi salvare vite umane, non puoi averne».